lunedì 4 agosto 2008

Pause e nuovi tempi

C’è un momento in cui fermarsi è l’unica cosa possibile.
L’arte della pausa, ogni tanto bisogna riprendere fiato. Per non perdere il senso delle cose e ritrovare le forze.
E poi certe volte, quando sale il magone, quello che i poeti chiamano nostalgia di ciò che non è mai successo né succederà più, basta una piccola cosa.
Basta un gesto, un sorriso, l’abitudine di raccontarsi quel che di bello troviamo camminando per strada, il paesaggio che ci accoglie, pazienza se il caldo affanna il respiro e annebbia la vista.
La vita è lì, con le ore che trascorrono, giorni che si susseguono in cadenza, dal lunedì al venerdì, più l’ottavo giorno, la venticinquesima ora, il tempo che non c’è eppure è così grande. Il tempo della nostalgia. “Nulla due volte accade, ne accadrà. Per questo nasciamo senza esperienza, moriamo senza assuefazione.”
Oggi mi piace questa mia vita mai prevedibile.
I tratti, i colori, i rumori, il gesticolare e i gesti. La lingua del dialetto dell’Isola, che scorre e canticchia. Questo disordine che è al tempo stesso osceno e comico. Questa sensazione che il corpo dopo essersi appiattito, disidratato e desessuato torni a gonfiarsi, a riappropriarsi delle sue rotondità e delle sue forme. La luce è ludica, gioiosa, animata da brezze che la screpolano e la rendono capricciosa, mai statica. Profumi che ne richiamano altri, il gelsomino, il fico, l’odore della notte stellata, con cui si azzuffano, carezzando le narici o stringendomi il cuore. Abbondanza. Esibizione. Pienezza.
Si può ricominciare, ancora e ancora.

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