giovedì 30 ottobre 2008

Gabbiani

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.

Vincenzo Cardarelli
da “Opere”

La foto prescelta stavolta veniva dal mio album personale, era uno scorcio del lungomare di Ortigia, uno dei miei luoghi del cuore.
Un posto dove ultimamente sono stata sempre molto bene, insieme a qualcuno che ha gli occhi color del mare.
Ma Blogspot continua a impedirmi l'espressione congiunta di immagini e parole.

mercoledì 22 ottobre 2008

Amarcord catanese

A volte ritornano. Ci sono le serate revival. I pomeriggi giovani e gli anni Ottanta. Yuppies e l'edonismo reganiano.
Mancavano le spalline, mancavano alcuni tagli vaporosi e cotonati – anche se ad alcuni con gli anni mancavano proprio i capelli –mancava la puzza di fumo, quella nebbia da prima della legge, poi il revival c’era tutto.
Condito dalla presenza di signorine e signorini che negli anni Ottanta forse stavano nascendo. Per aggiungere la dose di cattiveria quotidiana - che serve a restare vitali - si potrebbe raccontare di “gabbie aperte” con materiale in libera uscita. Costantini e tronisti di recupero, panterone o aspiranti tali. Di certo la merce era in esposizione, tutta sulle mensole del supermercato, packaging dai gusti discutibili, ma c’era tutta. In abbondanza.
Tacchi e corsetti bondage, minigonne e scollature, la sobrietà dimenticata insieme ad una certa dose di conversazione, forget about cultura. Ma quella non è mai richiesta.
A parte questo piccolo panorama alieno, per il resto poteva essere un pomeriggio giovani.
La gente, il clima, la musica. Molti si sono persi per strada, o meglio a casa con bambini e suoceri.
Qualcuno era più difficile da riconoscere, altri intatti come dopo ibernazione.
Un bicchiere un mano, la conversazione intorno al bar.
Alcune cose non cambiano mai.
Passano gli anni, ma non le abitudini. Come se ritrovarle fosse immediato.
L’osservazione degli uomini, i loro sguardi persi dietro tubini di pizzo, calze a tema, trucchi pesanti– decisamente poco adatti al look da Mc Intosh -.
Un “come eravamo” riuscito, così tanto da aver trasportato anche gli allergici ai locali.
Quelli che “frequentavo, ma non amavo nemmeno allora”.
Però poi la nostalgia vince su tutto, specie nella fascia dei quarantenni.
Quella voglia di recuperare per un attimo la leggerezza. Di risentirsi adolescenti.
Per quello basta la musica, basta rivedere gli amici suonare la chitarra, ricordarsi dei concerti al liceo, dei ricordi di allora, il resto non conta. Ti lasci trascinare dalle note e la mente vola. Pericoloso scongelarli.
E comunque una cosa rimane identica, le relazioni e i balletti uomo donna.
Anni Ottanta, Novanta, Duemila…non cambia nulla.
Dietro non ci vedo nessuna crescita, nessuna regressione, tanto inutile tempo sprecato.

mercoledì 15 ottobre 2008

Una sera a Colonia

Che cosa posso insegnarti io? Pochissimo, al massimo raccontarti qualcosa che credo possa aiutarti. Tipo: la senti questa musica che ho nell'auto mentre guido da New Orleans verso Baton Rouge? No, esatto, non è un blues, è Keith Jarrett al piano, da solo, a Colonia, una sera del 1975 (il 24 gennaio del 1975). E' una musica stupenda, sì, questo cd ha venduto 3 milioni e mezzo di copie. E' considerato il picco più alto della sua carriera, l'improvvisazione più riuscita forse di tutti i tempi. E, vuoi sapere?

Keith Jarrett, quando salì sul palco, veniva da due notti insonni, non si reggeva in piedi. Aveva espressamente richiesto un pianoforte che non era arrivato. Quello in dotazione nella teatro gli era parso inadatto, insoddisfacente, l'aveva provato, si era alzato aveva annunciato che il concerto era annullato. Poi, all'ultimo, aveva cambiato idea. I tecnici del suono decisero solo in extremis di mettere i microfoni per registrare la musica per gli archivi, per dovere di cronaca. Alle prime note qualcuno rise, tanto erano fuori registro. Poi fu silenzio. E questo.

Un amico di Jarrett spiegò così quel che accadde: "Probabilmente suonò in quel modo perché non aveva un buon pianoforte. Dato che non poteva innamorarsene, cercò un altro modo di tirarne fuori il meglio".

Non sai mai quando stai per dare il meglio di te, certo non sarà quando sei preparato per farlo. Né sai quando otterrai da qualcuno o qualcosa il meglio. Certo non sarà qualcuno o qualcosa che ti si presenta alla perfezione, senza un problema. Sarai solo sul palco e non avrai una seconda possibilità. E, il più delle volte, non ne tirerai fuori niente. Una volta, però, tutto potrà risultare indimenticabile.

Dice Keith Jarrett: "Vorrei che quel concerto fosse dimenticato, dobbiamo imparare anche a dimenticarla, la musica, o vivremo sempre nel passato".

Prima, però: suonala ancora.

Gabriele Romagnoli


Foto pianoforte di rosping

lunedì 13 ottobre 2008

Chi è più bravo a fingere?

Mi sembra che intorno ci siano solo delusioni, disastri e rotture.
Mi sembra che donne intelligenti misurino la propria autostima sulle cose che non hanno, invece di guardare l’innegabile realtà di successi e ottimi risultati raggiunti.
Sono circondata da donne brillanti, spiritose, colte, coraggiose e sole.
E l’unica cosa che pensano tutte è: dove sbagliamo?
Immerse in uomini e storie d’amore che si potrebbero definire solo: da non rianimare.
E invece testarde e crocerossine.
Forse sono diventata troppo cinica, a volte mi diverte, comincio ad avere bizzarre immagini mentali, in cui il mio pessimismo diventa come l’antirughe per il contorno occhi dopo i 30 anni: necessario e da uso quotidiano.
L’ironia un po’ cattiva mi salva, mi induce riflessioni, lucidità e distacco. Forse mi ha salvata. Certo è una droga che non da assuefazione.
Anzi può essere molto gratificante, non potrei dire lo stesso della speranza.
E’ una droga di cui dobbiamo fare a meno? Cosa è meglio? Smettere di prenderla o è quella che ci tiene in vita?
Croce o delizia, per rifare il verso alla Traviata di Verdi?
In questo eterno minuetto di sensazioni, storie e parole mi sono posta una domanda, ispiratami leggendo un fantastico commento sul fenomeno del momento, ovvero Facebook.
Qualcuno ( elemento di sesso maschile) ha scritto: “Pensava a una tipa, assai competente, che diceva che si, le donne sanno fingere un orgasmo, ma che gli uomini, in compenso, sanno fingere intere relazioni ...”
Quindi spontaneamente mi sono chiesta: Chi è più bravo a fingere? Uomini o donne.
Sotto la superficie siamo tutti scorticati ed esposti, tutti feriti e disillusi.
Ma questo dove ci porterà?
C’è ancora un mondo da scoprire?
E la finzione a cosa porta?

Credo che al prossimo aperitivo avrò conoscenze più chiare per cominciare a buttare le basi per un trattato che provi almeno a spiegare alcune nozioni.
Intanto vi giro la domanda.

P.S. Avevo trovato una bellissima foto, ma da un pò Blogspot si rifiuta di caricare le immagini.
Peccato perchè a volte hanno più forza delle parole, sono evocative. Ma sono caparbia e non mollo mai. Ritenterò

lunedì 6 ottobre 2008

La teoria e la pratica

Siamo circondati da regole e infiniti sistemi per evaderle.
Eppure è più forte di noi, come se la società per esistere dovesse trovare dei limiti, un modo per arginare se stessi.
Così è tutto un fiorire di manuali e libretti d’istruzioni, spesso di galatei.
Per stare al mondo nel giusto modo.
Ma ascoltando le voci intorno, mi sono chiesta: “Esiste un galateo delle relazioni?”
Si dovrebbe scrivere.
Con una particolare attenzione al capitolo: Le regole per lasciarsi e soprattutto, per alcune storie, per non riprendersi.
Sono uscita, ho incontrato visi nuovi e conosciuti, ma l’accento si è posato spesso su sguardi tristi, su uomini o donne in cerca di risposte.
Persi tra la teoria e la pratica. Tra lo stupore di quello che stavano vivendo e l’incapacità di poterlo comprendere, tra il presente e il passato.
Nostalgici e malinconici. A volte incazzati e arrabbiati, ma tutti incapaci di capire.

E’ sempre l’eterno dilemma, tra ciò che credi sia giusto e ciò che non lo è.
In teoria sembra che tutto vada bene, ci sono tutte le tessere del puzzle che incastrano, non ne hai persa nemmeno una. Per la prima volta sembra che tu stia finendo la figura disegnata sulla scatola. Non è da te. Non ci sei mai riuscito.
Ma poi qualcosa non funziona, guardi la foto, vedi quello che hai fatto e manca qualcosa.
In teoria è perfetto, in pratica no.
Ti chiedi perché? Non dovresti, ma lo fai sempre, il cervello vola più veloce del tuo bisogno di frenare le parole.
Forse non devi domandare. Ci sono anche delle non risposte nella vita.
Come ci sono i fantasmi e le sensazioni irrazionali.
Come le tante cose che vanno solo accettate, anche se non comprese.

Ma cosa fare quando i fantasmi ritornano, bussano con forza alla tua porta, passano la notte lì, anche quando tu non apri?
Che diritto hanno?
Esiste un modo per chiudere le relazioni, per non riaprirle, per evitare di girare la testa ed essere assaliti dai pensieri?
Si dovrebbero fare studi approfonditi sulla capacità di rimpianto, sul perché spesso gli uomini - più delle donne - siano incapaci di proferire parole e poi un giorno si accorgano di avere sbagliato tutto.
Esiste una data di scadenza nei sentimenti?
Quando si è certi che è ormai tutto da buttare, che puzza come il burro rancido o lo yogurt andato a male?
In teoria con lo yogurt lo sai, puoi aspettare ancora una settimana per mangiarlo, in pratica decidi sul momento.
Credo che poi funzioni così anche per le relazioni, come sempre bisognerebbe affidarsi all’istinto, ma è la ragione quella che temiamo. Forse perché è lei il nostro grillo parlante.