lunedì 20 aprile 2009

Le due porte

Due porte di fronte, eppure una grande sintonia nell’apparente noncuranza.
Dove sarei dovuta entrare?
Oggi sono dovuta andare in una struttura ospedaliera, avevo due porte.
Alla destra: salute mentale.
Alla sinistra: radiologia.
Sapevo esattamente dove dovevo andare, eppure mi sono chiesta se in fondo non fossero la stessa cosa. Non erano opposti, per entrambi si guarda dentro. Si prova a capire cosa si è rotto.
Ho imboccato quella di sinistra, per sentirmi dire che dovrò stare immobile per 30 giorni. E forse uscendo avrei voluto imboccare l’altra per cercare di capire quanti giorni, mesi e anni servono per le ferite dell’anima. Per sanare se stessi.
Non ci ingessano le emozioni, il dolore, si fa finta di nulla, si va avanti. E se il lieto fine fosse andare avanti? Come recitava la battuta di un film.
Magari è questa la cura, magari è questo che cercano di insegnarti a capire quando scegli la porta di destra. Ti siedi e parli, ma se non sei del tutto matto, se ti muovi dentro il limite, attraversando la linea bianca, su quel borderline che mi ricorda studi universitari, cosa farai?
Chi ti dirà se stai facendo la cosa giusta, e poi come imparerai a capire qual è lo sbaglio che preferisci? Perché anche degli errori riesci a innamorarti e poi non li abbandoni mai con facilità, come tutto. Perché anche quando devi scegliere tra due porte, nonostante il tuo carattere decisionista, hai dei dubbi. E ti chiedi se fosse possibile vivere due vite. Faticoso ma sicuramente diverso, pieno di opzioni.

Foto two doors di Markus Moning

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