domenica 13 settembre 2009

Piccole orme


Dicono che gli anniversari debbano essere festeggiati. Perché le parole servono anche a questo, a creare legami, ricordi, a costruire puzzle.
Ne abbiamo vomitate di parole. Senza sosta, con ansia, bisogno, con desiderio e pace.
Abbiamo fatto diecimila passi da quella prima conversazione.
Appoggiati a divani, davanti alla fiamma di un camino oppure sotto le stelle, tra cuscini di piume e fili d’erba. Ascoltando voci che si confondevano con pianoforti. Piano- forte, lentamente. Con menti lente che finalmente cominciavano a rilassarsi, ad abbandonare sogni sognati. Giocando con le parole, come con le corde di violini, da suonare con forza per farle vibrare, come con le corde del cuore, quando si spezzano e provi ad aggiustarle, e tu lo sai, che non sono più capaci di cantare le melodie di una volta.
Eppure hai ancora voglia di cantare al karaoke.
E c’è ancora molto da sorridere, perché c'è tanto ancora da ascoltare, da giocare. Lentamente o pianoforte. Con un bicchiere di gin tonic tra le mani o assaporando un buon vino, leggendo racconti, mentre affronto il mio pudore e ti leggo lettere ancora lì, mezze aperte, in attesa di risposte che non arriveranno. Il desiderio e la voglia di farci un aeroplano con tutte le parole non dette, per fargli definitivamente prendere il volo. Per sempre. Lontano. E pensare ad una frase letta "Le persone infelici non le guarda nessuno". Di certo non siamo noi.
Forse lo siamo stati, ma la vita è come una giostra. Su quei cavalli colorati tutti prima o poi facciamo la nostra corsa.Qualche cavallo si ferma, a volte inaspettatamente, prima degli altri.Tu ti volti a guardare chi è rimasto indietro, senza poter far nulla.Allora prosegui la tua corsa portando con te l'immagine delle persone che ami e che hai amato.L'importante, credo, sia impegnarci affinchè queste corse, nonostante a volte siano faticose, portino ad una mèta, qualsiasi essa sia per noi.
Di certo in questi mesi abbiamo lasciato piccole orme.




1 commento:

Unknown ha detto...

Un pannello unmetroperunmetro. Esternamente bordato da un perimetro di legno più scuro. L'ho portato a casa a piedi dal falegname cui l'avevo commissionato, contento come un bambino cui hanno appena comprato un gelato in una mattina piena di sole. Avevo già comprato una latta di verde, scelto in poco meno di un'ora per decifrare il colore esatto (GY876!). Poi sabato mattina, caffèecornetto al barsottocasa, pantaloni da lavoro e pennello 34 regolamentare (quello che "per una parete grande non ci vuole un pennello grande, ma un grande pennello"!) e 5 mani piene di colore in stanza piena di carta di giornale, "buatte" impilate l'una sull'altra, tre quadri appoggiati al muro che occhieggiavano perplessi dal loro luogo temporaneo, e due finestre che mi inondavano del sole di settembre dall'inizio alla fine di una giornata in cui il tempo sembrava rallentare fino quasi a fermarsi. E i nodi e i segni che sfregiavano il mio pannello, a poco, a poco sparivano sotto larghe pennellate di un verde brillante. Una mano dopo l’altra. Nodi e segni su un pannello di legno: a vederli senza riflettere sembrerebbero ferite che deturpano inesorabilmente una tavola di legno altrimenti perfetta; a pensarci solo un attimo su, invece, sono i punti dai quali l’albero fa nascere una nuova vita.