martedì 23 settembre 2008

Le frecce della vita

Camminavo per strada, ho passeggiato ascoltando il rumore dei miei tacchi, con gli occhi aperti a rubare la bellezza del paesaggio e le orecchie attente a registrare eventi e suoni.
Per terra ho trovato un cartello “ Non contate sul nostro silenzio ma solo sulla nostra rabbia”.
Interessante spunto di riflessione.
Si cambia latitudine, ci si allontana per respirare aria nuova, per assorbire cultura e arte, per tuffarsi nell’affetto e nei ricordi buoni.
Come il titolo di un quadro di Balla, si seguono “le frecce della vita”.
Dove portino ancora me lo sto chiedendo…
E’ poi così importante saperlo?
Intorno i suoni, gli umori, le insofferenze sono uguali.
Sembra che città, sesso e territorio non importino, le ricerche e le domande sono identiche. Allora viene da chiedersi: dove abbiamo sbagliato? Cosa stiamo cercando?
Personalmente ho imparato l’allegria di arrendersi per ricominciare.
Perché alla fine arriva il momento in cui bisogna arrendersi e non è nemmeno detto che sia un brutto momento. Al principio sì , lo è, moltissimo.
Brutto, da dire che non si può sopportare. Ma poi invece: quante volte la fine è stata un inizio? Come se la resa fosse un sollievo e dopo va meglio. Può essere perfino una sorpresa, dopo, il principio di una nuova allegria.
Come prendersi cura di sé, affrontare le proprie paure e accorgersi che non sono così spaventose, che si possono vincere. Che basta camminare sui sanpietrini di Roma per ricordarsi che da qui si è cominciato il cammino.
La memoria è la materia di cui siamo fatti. Anche quando vorremmo non ci fosse, quando pezzi di quel puzzle chiamato vita, ti tornano in mente. Basta lasciarli scorrere e ringraziare per averli vissuti.
Rimettersi addosso la rabbia, quella positiva di ogni giorno, aggiustare il proprio sorriso, e non dimenticare mai, nel mio caso, che sono figlia della lava.

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