domenica 30 marzo 2008

Significati vacui

Non è una vergogna che le parole - cioè il mezzo che noi, poveri uomini, ci siamo dati per comunicare - abbiano un diverso significato a seconda di chi le pronuncia?
E' una consuetudine comune, un vezzo diffuso.
Per qualcuno non è importante: per me lo è.
In questa città ci si muove con noncuranza, si chiacchiera, si vocifera, per noia, per trovare divertimento nella vita degli altri. Le parole vengono pronunciate leggere, senza pensare alle conseguenze. Non è un male del Sud, è solo l'espressione di vite fatte di molti vuoti. E colmare i vuoti con le parole è facile, ma non sono mai quelle giuste. Sono le prime che vengono, quelle semplici e fatue. A volte queste possono essere disturbanti, ma che importa - diranno- passano, tutto passa. E' solo l'attimo da coprire, come un sopramobile, lo appoggi e poi sei sempre in tempo per spostarlo.
Invece come un domino, tutto ha una conseguenza.
Pochi si accorgono di questo.
Basta guardare, io lo faccio, osservo le donne insoddisfatte alle serate mondane, i loro sguardi vacui, le borse costose, le paure inconscie, il tempo che deve essere fermato, la giovinezza inseguita per sempre. Punto gli occhi su uomini distratti, presi da se stessi, dal lavoro, da pensieri lontani. Guardo un mondo che non mi piace, in cui non mi riconosco, ma che molti ricercano e avvicino l'orecchio per carpire le parole.
Sperando che qualche volta qualcuno le pronunzi una che abbia un senso, una profondità. Che tra tante si distingua.

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